Gli Spettri di Ibsen ossessionano ancora
Traduzione a cura di Annamaria Martinolli
Il presente articolo è tratto da SGN: Seattle’s LGBTQIA+, News & Entertainment Weekly since 1974, Volume 50, Issue 20. L’autore è Nick Rapp. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli.
Nel dicembre del 1881, un drammaturgo norvegese di nome Henrik Ibsen pubblicò un’opera che scandalizzò talmente la suscettibilità inglese da indurre il Daily Telegraph a definirla “una carogna letteraria” e “una fogna a cielo aperto: una disgustosa piaga non medicata”. L’opera in questione, Spettri, è sopravvissuta alle bizzarre critiche e oggi è venerata come un capolavoro drammaturgico.
La regista Carey Perloff – reduce da venticinque anni di mandato come direttore artistico dell’American Conservatory Theater di San Francisco – ha portato finalmente Spettri al Seattle Rep dal 1 aprile al 1 maggio, dopo gli spiacevoli e prolungati ritardi dovuti alla pandemia COVID-19.
Un’opera teatrale tempestiva risalente al XIX secolo
La Perloff ammette di essere “quasi ossessionata da quest’opera da decenni”. Sebbene sia stata scritta più di un secolo fa, secondo lei l’argomento è ancora più pertinente per il pubblico moderno. Lei stessa ha visto alcune versioni allestite negli anni Ottanta, quando “veniva spesso analizzata attraverso la metafora dell’AIDS; un modo molto potente di guardare all’opera”.
Per la regista la pièce riguarda “il modo in cui i fantasmi che pensavamo fossero sepolti continuano a tornare a perseguitarci” ed è anche una riflessione su ciò che ci viene trasmesso: “come ci relazioniamo con i nostri genitori e cosa pensiamo di aver ereditato o meno dalle nostre famiglie”.
Spettri prende in esame le difficoltà di una vedova, Helen Alving, che deve vedersela con l’infedeltà del marito defunto, e gli sforzi che compie per proteggere il figlio, Oswald, dalle verità del passato della loro famiglia. Il testo parla anche “di un giovane con una malattia ereditaria [la sifilide] trasmessagli dal padre. Ma l’argomento non è mai trattato alla lettera: è piuttosto una lotta con la propria eredità”, dichiara Carey Perloff.
“Uno degli aspetti che abbiamo approfondito con il personaggio di Oswald è la questione della vergogna, e il fatto che uno degli eventi più terribili accaduti durante la crisi dell’AIDS sia stato proprio la vergogna provata dagli uomini per aver contratto questa malattia, quando la gente non sapeva veramente come questo avveniva. Oswald prova questi terribili sentimenti di vergogna per qualcosa che poi si scopre non essere affatto colpa sua”, prosegue.
Un altro aspetto dell’opera che colpisce la regista in quanto particolarmente attinente all’epoca attuale è il modo in cui Ibsen si interroga sulla segretezza di fronte al potenziale disprezzo pubblico. “Un’altra cosa di cui si parla è il pubblico ludibrio”, spiega. “Pensiamo che sia stato Twitter a crearlo, ma in realtà l’opera parla di un pastore talmente terrorizzato dall’idea di essere diffamato dalla stampa da fare scelte terribili nella sua vita proprio a causa di questa paura”.
I quesiti etici del XIX secolo sul discorso civico presenti in Spettri possono essere facilmente visti come un precursore dei social media, dell’umiliazione online e dei limiti alla libertà di interpretazione del linguaggio negli spazi online oggi. L’ansia causata dal chiedersi come gli altri reagirebbero alle verità personali non è una novità.
L’inquietante pertinenza di un vecchio dramma controverso in relazione al presente è qualcosa di cui, secondo Carey Perloff, vale la pena parlare. “Stiamo vivendo un periodo curioso della nostra cultura teatrale”, afferma. “Siamo molto sospettosi nei confronti delle opere scritte in epoche passate, e pensiamo che non rappresentino davvero il modo in cui vediamo il mondo – ed è vero, per molti versi non lo rappresentano, il mondo è cambiato”.
“Ma”, ribatte, “credo che il canone classico ci apra davvero gli occhi sui conflitti del nostro tempo in un modo che noi stessi non riusciamo a vedere”.
A rischio di sembrare banali, e accettando la cosa, la storia si ripete davvero. E interrogare le concezioni passate dell’etica attraverso l’arte può conferire uno sguardo nuovo a situazioni che sembrano più uniche di quanto non siano in realtà.
La produzione
Per quanto riguarda la produzione, la regista parla molto bene del cast, del team creativo e del processo di portare Spettri da San Francisco al pubblico di Seattle. Ha lavorato per anni con il traduttore Paul Walsh, uno studioso di Ibsen in grado di tradurre con facilità il norvegese in inglese locale per il pubblico moderno. Ha assistito il cast nella comprensione di ogni aspetto dell’opera, rispondendo anche a domande inattese come “Cosa avrebbe indossato un pastore in quest’epoca, in questo luogo?”.
Gli attori sono sia locali che ospiti. Albert Rubio, originario di Seattle, interpreta Oswald e, a parte in Spettri, lavora al Cornish College e a un progetto personale in cui sta traducendo le esperienze dei sopravvissuti all’AIDS in opere soliste. L’attrice Nikita Tewani interpreta Regina Engstrand e in passato ha lavorato con la regista in Mille splendidi soli al Rep.
Tutti i membri del cast vantano un’impressionante storia teatrale e sono entusiasti di essere riusciti a portare finalmente Spettri sul palcoscenico, dopo le audizioni su Zoom e i rinvii delle date originali del 2020.
Carey Perloff ha espresso una gioia sconfinata all’idea di uno spettacolo dal vivo, e a ragione. Come ha molto sinteticamente spiegato: “Il teatro è fatto di corpi, corpi umani nello spazio. È lì che le persone sono vulnerabili. Essere in grado di tornare a questo è meraviglioso”.
L’opera è andata in scena con il seguente cast:
Helena Alving: Mary Elizabeth Mastrantonio
Oswald Alving: Albert Rubio III
Pastore Manders: David Strathairn
Falegname Jakob Engstrand: Thom Sesma
Regina Engstrand: Nikita Tewani