Il cinema nei dipinti di Edward Hopper (II): The Sheridan Theatre
Traducción de Annamaria Martinolli
Il presente testo è tratto dal saggio pubblicato sul Boletín de Arte (N.° 20), e023, septiembre 2020, ISSN 2314-2502. Facultad de Artes, Universidad Nacional de La Plata. La Plata, Buenos Aires, Argentina. L’autrice è Viola Rühse. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli.
Nel quadro di Edward Hopper The Sheridan Theatre (1937) l’interno di una sala cinematografica svolge un ruolo importante. Lo sguardo dell’osservatore cade su una balaustra al primo piano sul rotondeggiante atrio della sala. Sulla sinistra, un visitatore raggiunge il pianerottolo di una scala, dove c’è una maschera in piedi. Ad attirare l’attenzione è soprattutto una figura femminile, collocata maggiormente in primo piano sulla destra. Sta guardando oltre la balaustra e la si vede solo di spalle. Il corpo sinuoso, i capelli biondi dorati e le scarpe nere particolarmente alte si ispirano a Mae West. L’attrice si classificò tra le prime dieci star del box office nel 1936, e indossava un abito rosso nel film Go West, Young Man, uscito circa un paio di mesi prima che il dipinto fosse completato.
Il titolo The Sheridan Theatre si riferisce evidentemente al soggetto che ha ispirato a Hopper il dipinto, e cioè un cinema nel Greenwich Village. Aprì nel 1921 con il nome di Mark Strand Sheridan Square Theatre e, dal 1926 in poi, fu attivo come Loewʼs Sheridan Theatre. Nelle fonti letterarie secondarie su Edward Hopper, lo Sheridan Theatre è descritto come un palazzo del cinema ed è sempre caratterizzato come tale, senza prenderne in considerazione l’evoluzione dal 1921 al 1937. Hopper apporta anche alcuni significativi cambiamenti, nel modo di presentare il cinema, che non sono ancora stati identificati con maggior precisione nella letteratura di ricerca. Quando il cinema aprì nel 1921, fu il primo a essere appositamente costruito al di fuori del cosiddetto Theatre District di New York. I costi di costruzione ammontarono a circa 700.000 dollari, e aveva una capienza di 2.700 spettatori.
L’interpretazione dell’edificio in quanto «spazio dinamico ed esotico» da parte dello storico dell’arte Robert Silberman, in un articolo su Edward Hopper, è errata. Il design interno del cinema Sheridan non è influenzato da stili esotici, ma piuttosto dallo stile neorinascimentale e dall’architettura georgiana. Hopper ha ripreso nel suo dipinto l’eleganza e i colori verde, avorio e oro del vero Sheridan Theatre. All’inizio degli anni Venti, era considerato uno dei «più bei cinema» della costa orientale. L’elegante design degli interni dello Sheridan Theatre aveva anche lo scopo di attirare i residenti che vivevano nel circostante quartiere degli artisti del Greenwich Village.
Dopo circa due anni l’attenzione del pubblico e dei media si spostò su nuove sale cinematografiche. Per competere con loro, nel 1927 lo Sheridan Theatre fu attrezzato con proiettori migliori, nuove decorazioni e fu dotato di un’orchestra più numerosa. Ma intorno al 1930 era considerato solo un «cinema di quartiere», anche se negli anni successivi continuò a funzionare con profitto. Così, alla fine del 1936, Hopper scelse il cinema – che all’epoca esisteva già da quindici anni – come soggetto. Nel quadro, le numerose tracce sul tappeto possono tradire il fatto che l’anno di costruzione risale a molto tempo prima. Tuttavia, anche l’elegante stile storicista dell’atrio raffigurato non era più in voga.
È evidente che Hopper ha reso l’edificio ancora più grande di quanto fosse in realtà, perché la zona dell’ingresso dello Sheridan Theatre si estendeva su due soli piani, come si può vedere in una fotografia dell’epoca e in uno schizzo dell’artista.
Tuttavia, nel suo dipinto, Hopper ha aggiunto un altro piano con una balaustra sopra il mezzanino, così che il cinema sembra avere due balconate. Indubbiamente, queste sono tipiche dell’architettura del teatro d’opera e di prosa. Con l’aggiunta di un altro livello, il cinema, nel quadro, appare più imponente. Inoltre, la sala di Hopper brilla di una luce tra il giallo, l’arancione e l’oro. Alla sua inaugurazione il cinema Sheridan, infatti, si distingueva per uno speciale sistema di illuminazione. L’illuminazione del foyer – accentuata da Hopper – promette bene: si mantiene più calda e rassicurante rispetto alla fredda luminosità, che assume un significato rilevante per altre opere del pittore americano (cfr. per esempio il quadro The Circle Theatre, analizzato in precedenza).
Colpiscono anche le corrispondenze tra la visitatrice della sala cinematografica sulla destra e il design degli interni. Tali corrispondenze sono il risultato – tra le altre cose – della collocazione della protagonista e della gamma di colori. Dietro la donna che ricorda Mae West, si sviluppa la parte iniziale di un arco. La donna sembra una cariatide, e la sua testa sembra sostituire un capitello, soprattutto perché la decorazione della colonna a sinistra, allo stesso livello, è mantenuta in colori simili ai suoi. Il design interno riprende, nel colore, la figura femminile. La colorazione della balaustra corrisponde a quella delle gambe della donna, il rivestimento rossastro della parete e la parte inferiore delle plafoniere alla sua gonna, il soffitto che inizia al secondo piano irradiandosi in oro chiaro al biondo dei capelli. Anche il bianco della sua giacca trova una controparte nella zona del soffitto. Le curve del corpo della donna vengono inoltre riprese negli elementi architettonici arrotondati.
Questi ostentati parallelismi visivi sembrano indicare che non sono solo le dive del cinema come Mae West a dover ripetutamente invogliare i consumatori di film a frequentare le sale. Nel loro periodo d’oro, i lussuosi palazzi del cinema avevano anche lo scopo di stimolare l’immaginazione dei visitatori e invogliarli ad andare spesso al cinema, di conseguenza erano essenziali per l’industria cinematografica negli anni Venti. Per esempio Marcus Loew, la cui catena di cinema, dal 1926, gestiva anche lo Sheridan Theatre, si atteneva alla massima «vendiamo biglietti per i cinema, non film». In contrasto con il minaccioso Circle Theatre, lo Sheridan Theatre nel quadro del 1936/7 sembra nostalgico, con il suo atrio enfaticamente più alto e la sua luce calda. Anche l’inserimento della Rückenfigur (figura di spalle) femminile in piedi sulla destra – che riprende un topos classico del desiderio del periodo romantico – si adatta a questo. Con il suo ritratto idealizzato del cinema Sheridan, Hopper rende omaggio al potere seduttivo delle vecchie sale cinematografiche. Tuttavia, il contrasto tra l’epoca dei palazzi del cinema negli anni Venti e quella della realizzazione del quadro, nella seconda metà degli anni Trenta, non manca. Così, con il suo moderno tailleur pantalone, la maschera non si intona completamente con il più antico design interno. Quando l’edificio fu costruito all’inizio degli anni Venti, le maschere del cinema Sheridan indossavano giacche di velluto più lunghe con grandi fiocchi che si rifacevano all’abbigliamento maschile di epoca barocca, così come berretti da pittore che si intonavano bene con il quartiere degli artisti del Greenwich Village.
La gonna rossa della visitatrice in piedi a destra della balaustra è in sorprendente contrasto con i toni più discreti del design interno. Anche se l’abbigliamento è adatto per la sera, sembra provocante e quindi un po’ meno di buon gusto. Inoltre, la visitatrice non sta appoggiata molto elegantemente alla balaustra. Anche i film sfacciati con Mae West – che la visitatrice di cui sopra ricorda nell’aspetto – differiscono dalla versione filmica del romanzo Jane Eyre di Charlotte Brontë con la quale il cinema Sheridan fu inaugurato e che all’epoca fu anche oggetto di una dichiarazione di programma per il suddetto cinema. Un altro elemento che colpisce è l’atmosfera di isolamento e solitudine creata, nel The Sheridan Theatre di Hopper, attraverso la lontananza tra la donna in piedi sulla destra e le persone sulla sinistra. Come se non bastasse, non si vedono altre persone. Solo le impronte sul tappeto di destra riportano l’attenzione sulla frequentazione del cinema. Come in altri quadri di Hopper, questo vuoto forzato vuole esprimere uno stato interiore della vita urbana moderna, per cui la scelta del The Sheridan Theatre come soggetto sembra essere stata ispirata dai cambiamenti che si stavano verificando nell’ambiente del cinema negli anni Trenta.
Dopo la crisi economica, ci fu solo una breve battuta d’arresto nelle presenze di spettatori: nel 1936 erano 88 milioni, quasi quanti nel 1930 (90 milioni) negli Stati Uniti. Secondo un’inchiesta giornalistica del 1934, lo Sheridan Theatre era anche redditizio. Tuttavia, negli anni Trenta, il numero di persone che visitava il mezzanino, l’atrio e gli altri spazi sociali interni era inferiore perché anche negli Stati Uniti era possibile entrare nei cinema tra una proiezione e l’altra. Ragion per cui, nella seconda metà degli anni Trenta, andare al cinema era sempre meno un evento sociale e sempre più un’attività solitaria, anonima e commercializzata, il che può aver spinto Hopper a realizzare il dipinto.