L’omissione come strategia traduttiva del genere giallo: Io uccido, di Giorgio Faletti
Traduzione a cura di Annamaria Martinolli
Il presente saggio è tratto da The Journal of Specialised Translation, Issue 22 (July 2014), pp. 15-27. L’autrice è Esther Morillas, professore ordinario di traduzione italiano/spagnolo all’Università di Malaga. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli. Il copyright appartiene a Esther Morillas, tutti i diritti riservati.
1. Io uccido
Io uccido (2002) è stato uno dei cosiddetti “fenomeni editoriali” dei primi anni del nuovo millennio. In Italia, entrò in poco tempo nella classifica dei libri più venduti e vi rimase per molti mesi per poi essere progressivamente tradotto in varie lingue raggiungendo, secondo quanto specificato sulla copertina dell’edizione inglese, un volume di vendita di oltre cinque milioni di copie. Un serial killer telefona a una trasmissione di Radio Montecarlo, Voices, e lascia al presentatore alcuni indizi (attraverso brani musicali) sui delitti che sta per commettere servendosi della musica pop anglosassone come biglietto da visita. Un agente dell’FBI, e un commissario della polizia monegasca, indagheranno sul caso.
L’autore di Io uccido, Giorgio Faletti, proviene dal mondo dello spettacolo (è stato un cabarettista e comico televisivo) e grazie a questa sua opera prima si è subito affermato come autore di romanzi gialli. Tuttavia, quali sono le caratteristiche di Io uccido? Vittorio Spinazzola (2012:126) sottolinea che, come tutti i neofiti, Faletti ha il desiderio sconfinato di realizzare un thriller truculento, con una trama ricca di intrecci e di vendette, dove la psicopatologia, il paradossale e la gratuità si rivelano più importanti della logica deduttiva. Sicché, Giorgio Faletti, dal suo punto di vista, avrebbe scritto: “un giallo che più giallo non si può”.
La traduzione castigliana, Yo mato, a cura di Rosa Corgatelli, è uscita nel 2005. La traduzione inglese, I kill, è arrivata invece molto dopo: nel 2010. È importante sottolineare che il volume originale è composto di settecento pagine, cosa che, inizialmente, potrebbe giustificare la scelta, per quanto riguarda la versione inglese, di formare un editorial team (così viene definito nei crediti del libro) composto da Antony Shugaar, Muriel Jogensen, Lenore Rosenberg e Jeremy Parzen. Tuttavia, se si pensa che sono trascorsi otto anni dall’uscita dell’originale alla pubblicazione della traduzione, è facile intuire che la costituzione di questo team di traduttori non era motivata da ragioni di urgenza (la versione cinematografica era inizialmente prevista per il 2015). Piuttosto, il ritardo nella pubblicazione di I kill sarebbe da attribuire alle difficoltà che la letteratura europea, di lingua non inglese, incontra nell’essere tradotta in questa lingua.
2.Tradurre il genere giallo
Jean-Patrick Manchette (2003[1996]), nella rivista Polar, ha esposto una sua riflessione sulla traduzione dei romanzi gialli formulando, a riguardo, alcune considerazioni molto pertinenti che ci serviranno da punto di partenza per il presente studio e saranno oggetto di approfondimento. Manchette intitola il suo articolo, sulla scia del celebre adagio traduttore traditore e in armonia con il tema trattato, Notes noires: Traduc-tueur? realizzando un gioco di parole che si potrebbe tradurre letteralmente così: Note sul giallo: traduttore assassino?. Secondo Manchette uno dei compiti principali dei direttori di collana è proprio scegliere i traduttori, perché da essi dipenderà in gran parte la ricezione dell’opera tradotta. Dal suo punto di vista, gli aspetti che caratterizzano la traduzione del genere giallo sono soprattutto due:
2.1 Documentazione (o aspetti culturali)
Il primo elemento sottolineato da Manchette è la necessità, da parte del traduttore incaricato di svolgere il lavoro, di documentarsi su argomenti quali balistica, armi, veicoli e su come sono strutturati l’apparato di polizia e l’apparato di giustizia. In questo caso specifico, Io uccido non richiede conoscenze documentali troppo approfondite, di conseguenza il lavoro del traduttore ne risulta facilitato. Inoltre, se il lettore è forse indotto a sollevare alcuni dubbi riguardo alla presenza di un agente dell’FBI a Montecarlo (presenza giustificata dal fatto che una delle vittime è la figlia di un generale statunitense) è lo stesso Faletti a scherzarci su (il numero di pagina qui sotto indicato corrisponde a quello di ogni edizione del volume, i dialoghi sono riportati nella veste tipografica scelta per ogni lingua da ogni casa editrice):
Originale italiano: «Ah, ma allora voi dell’FBI esistete anche nella vita reale, non solo nei film. Piacere di conoscerti.» (pag. 351)
Traduzione spagnola: –Ah, así que los del FBI existen también en la vida real, no solo en las películas. Encantado de conocerte. (pag. 330)
Traduzione inglese: (…) ‘So the FBI actually exits –not just in the movies. Nice to meet you.’ (pag. 275)
Dall’alto della sua esperienza di autore e traduttore, Manchette (2003[1996]: 362-363), oltre alla documentazione specifica che ogni libro richiede, aggiunge la necessità di padroneggiare quegli elementi che caratterizzano la realtà quotidiana di un paese vero e proprio e di un’epoca precisa, come possono essere i marchi di sigarette, di bibite e tutto quell’insieme di cose che, come ben sottolinea, rientrano sotto il nome di cultura. Io uccido, a questo proposito, offre una lunga serie di esempi.
Il riferimento a prodotti attraverso i loro marchi si rivela una scelta piuttosto frequente. Come avviene di solito nella letteratura postmoderna, la caratterizzazione dei personaggi si verifica specificando il modello di automobile che guidano, gli abiti che indossano o le canzoni che ascoltano. Inoltre, lo scenario della storia, il Principato di Monaco, con la sua connotazione che associa glamour e ricchezza (di fatto, le vittime non saranno cittadini comuni, bensì sportivi d’élite o campioni di scacchi) ridonderà nella concretezza dei dettagli che permetteranno di determinare lo status dei prodotti consumati.
Rispetto alla profusione di dati su marchi e tipologie varie, Dardano e altri autori (2008:157) avevano già segnalato il gusto per la “precisione nomenclatoria” della narrativa italiana (e non solo italiana, diremmo noi) degli ultimi anni, che finisce per creare un amalgama di oggetti di diversa provenienza, a volte prestigiosi, a volte banali, ma che, come già specificato, servono a definire personaggi, situazioni e scenari.
Originale italiano: Diede il via alla stampa dei suoi appunti sulla trasmissione di quella sera e la HP 990Cxi iniziò a depositare i fogli freschi d’inchiostro sul ripiano. (pag. 259)
Traduzione spagnola: Puso a imprimir sus anotaciones para la emisión de aquella noche y la HP 990Cxi comenzó de [sic] depositar las hojas en la bandeja. (pag. 247)
Traduzione inglese: He finalized his notes for that evening’s show and the printer started spitting freshly inked sheets of paper on to the tray. (pag. 201)
Questo semplice esempio di estrema attenzione per i dettagli ci serve anche per introdurre la presenza costante di soppressioni sia nella traduzione spagnola che, in misura superiore, in quella inglese. Se la traduzione inglese omette il marchio e il modello della stampante, la versione castigliana elimina il riferimento al fatto che i fogli sono freschi d’inchiostro. In entrambi i casi, come vedremo anche in altri esempi, questi elementi sono stati eliminati in quanto ritenuti superflui.
Io uccido è un best-seller tradotto in diverse lingue. Uno dei fattori che contribuiscono a rendere tale un best-seller internazionale è la presenza di elementi agglutinanti aventi lo scopo di plasmare una pancultura (o, se non altro, in questo caso, una cultura di massa condivisa dalla maggior parte degli europei e degli statunitensi, fonte di quasi tutti gli elementi comuni) anziché una cultura concreta ed esclusoria. Possiamo quindi affermare che, rispetto alla maggioranza dei cosiddetti gialli italiani (Crovi 2002, Caprara 2012), Io uccido è un’opera con vocazione internazionale. Questo è dimostrato non solo dallo scenario cosmopolita scelto dall’autore, Montecarlo (anche se, nel corso della storia, saranno visitate e menzionate altre città di pari risonanza cosmopolita: Barcellona, Washington, Roma), ma anche dal fatto che i riferimenti che a mano a mano scaturiscono (dalle Gallerie Lafayette alle sigarette Gitanes, passando per Reebok, Lakers e un accendino Bic) abbiano superato in precedenza la sfera del locale per trasformarsi in qualcosa se non di pubblico dominio almeno di altamente conosciuto. La musica trasmessa alla radio (viene specificato che il programma va in onda in diversi paesi, oltre che Monaco) è facilmente individuabile e riconoscibile da tutti.
Malgrado quanto sopra, è logico che non tutti i riferimenti a un elemento concreto sono uguali, o, per essere più precisi, non tutti gli elementi ricevono lo stesso trattamento nelle traduzioni. Ne consegue che il primo marchio citato nell’opera di Faletti, una Mercedes SLK, richiede un’esplicitazione sia da parte della traduttrice spagnola che del gruppo di traduttori inglese:
Originale italiano: Mise su drive la leva del cambio automatico e, quando l’apertura fu completa, premette l’acceleratore e guidò lentamente l’SLK all’esterno. (pag. 11)
Traduzione spagnola: Cuando la puerta se abrió por completo apretó el acelerador y condujo despacio hacia fuera el Mercedes SLK. (pag. 13)
Traduzione inglese: He slipped the automatic transmission into DRIVE and slowly rolled his Mercedes SLK outside. (pag. 3)
I marchi delle automobili, come già sottolineato, definiscono lo status e il carattere di coloro che le guidano: in Io uccido l’elenco include Mercedes, Ferrari, Peugeot 206, Fiat Stilo, Bentley… ragion per cui è probabile che nelle traduzioni si sia ritenuto indispensabile fare in modo che il lettore identificasse immediatamente il tipo di auto in oggetto come una Mercedes. Ancora una volta, sono stati omessi due diversi elementi della frase in ognuna delle traduzioni: nella versione spagnola la traduttrice sorvola sul dettaglio del cambio automatico (questo modello di vettura è sempre automatico, quindi sarebbe ripetitivo specificarlo), mentre in quella inglese sul fatto che il conduttore sta aspettando che la porta si apra completamente (forse perché viene dato per scontato che se la porta del garage non è del tutto spalancata è impossibile che la vettura esca).
A volte è proprio l’autore a sentire l’esigenza di fornire dettagli supplementari in grado di rendere più evidenti i riferimenti di cui si avvale, nel caso in cui i lettori abbiano difficoltà a recepire le connotazioni che desidera trasmettere. È un po’ come se sentisse il bisogno di istruirli. Così, all’interno del romanzo, troviamo una casa il cui restauro è stato realizzato da “un architetto contemporaneo altrettanto geniale, quel Frank Gehry responsabile del progetto del Museo Guggenheim di Bilbao” (pag. 139), spiegazione che viene mantenuta nella traduzione castigliana, anche se più succintamente (“otro arquitecto genial: Frank Gehry, el responsable del proyecto del Museo Guggenheim de Bilbao”, pag. 135), mentre nella traduzione inglese ci si limita a segnalare la genialità dell’autore del restauro e si aggiunge un riferimento al suo cachet, come se ai lettori anglofoni non interessasse affatto l’architettura contemporanea: “he had had it renovated by a brilliant and eye-wateringly expensive architect.” (pag. 104).
Una situazione quasi identica si riscontra nell’esempio riportato qui di seguito, dove la spiegazione relativa a un attaccapanni in stile Thonet sembra quasi tratta da un’enciclopedia:
Originale italiano: Hulot si tolse la giacca e l’appese a un attaccapanni Thonet in faggio curvato a vapore, contro la parete a sinistra. Tutta la casa era arredata con mobili di modernariato, frutto di un’accurata ricerca, che riportavano piacevolmente all’epoca in cui la casa era stata costruita. (pag. 190)
Traduzione spagnola: Hulot se quitó la chaqueta y la colgó en un perchero Thonet hecho con madera de haya curvada al vapor, situado contra la pared de la izquierda. Toda la casa estaba decorada con muebles de coleccionista, fruto de una cuidadosa búsqueda, que transportaban a la época en que se había construido la casa. (pag. 183)
Traduzione inglese: Hulot took off his jacket and hung it on a coat rack on the wall. The house was decorated in a modern style that blended pleasantly with the period in which it was built. (pag. 146)
Ancora una volta, la versione inglese è più succinta e punta dritta all’azione (quella di appendere la giacca) tralasciando qualsiasi minima dissertazione sullo stile decorativo e limitandosi a descrivere brevemente lo scenario. A quando sembra, il gruppo di traduttori inglese si sottrae al dovere di documentarsi, cosa che invece ha fatto e offre l’autore. I dettagli sugli arredi, o sul nome dell’architetto, inoltre, rafforzano l’idea dell’ambiente lussuoso in cui si svolge l’azione. Come sottolinea giustamente Andreu Martín (2003-2004: 150-151), la descrizione di scenari e personaggi, i dialoghi, il riflesso della società, la denuncia… non sono prerogative del genere giallo, anche se ne costituiscono i componenti fondamentali. Il vero tratto caratteristico di questo genere letterario, sempre secondo Martín, è “il gioco”, le aspettative del lettore che devono essere soddisfatte dall’autore. E sono proprio queste aspettative a risultare potenziate, nelle traduzioni, dai procedimenti dell’omissione e della semplificazione.
Clem Robyns (1990), che ha realizzato uno studio sulle traduzioni francesi realizzate per la Série Noir di Gallimard tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Settanta, individua, nei romanzi tradotti, una serie di tagli che vanno dal sette percento al quarantasei percento (con una media del venti percento) del testo; tagli che, secondo lo studioso (1990: 75), hanno lo scopo di velocizzare di molto la narrazione. In funzione di questo obiettivo, la struttura narrativa viene semplificata eliminando scene inutili (come quelle d’amore) che non partecipano direttamente allo sviluppo dell’azione, le digressioni, le ripetizioni e tutti quegli elementi che rendono l’intrigo più complesso; gli excursus, le introspezioni dei protagonisti e alcuni aspetti di carattere morale (come le scene di sesso o i riferimenti anticomunisti). Le soppressioni da noi fin qui analizzate, vanno nella stessa direzione: il marchio di una stampante, lo stile decorativo di un attaccapanni o l’altezza della porta automatica di un garage sono considerati elementi non indispensabili ai fini dell’avanzamento o dell’esposizione dettagliata della trama. Da questo punto di vista, le traduzioni seguono il modello dell’hard-boiled americano, come si è già constatato nel caso della traduzione italiana del romanzo Beltenebros di Antonio Muñoz Molina (Morillas 1997, Fernández García y Grimaldi 2011), dove le omissioni, le riduzioni e le aggiunte avevano lo scopo di rafforzare la figura dello strong silent man protagonista del romanzo. Lo stesso fenomeno si verifica nella traduzione italiana di Plenilunio, dove nuovamente si riscontrano omissioni e in cui si osservano (Pérez Vicente 2010: 217): “alcune modifiche che conformano l’opera al genere giallo e che riguardano, soprattutto, il ritmo della narrazione, che ne risulta accelerato” (è anche importante tenere conto del fatto che, malgrado la strategia traduttiva sia la medesima, il traduttore e la casa editrice sono diversi rispetto al precedente Beltenebros).
2.2 La neolingua
Jean-Patrick Manchette (2003[1996]: 366-367) segnala anche che il problema principale (opinione che condividiamo appieno), relativamente al linguaggio del genere Noir, è la traduzione della cosiddetta neolingua, un elemento che, secondo l’opinione dell’autore francese, implica una perdita di vivacità, ritmo e arguzia. Se George Orwell utilizzò il termine newspeak per definire una lingua che semplifica il linguaggio allo scopo di schematizzare e manipolare, a sua volta, i concetti e le ideologie, se ne deduce che Jean-Patrick Manchette parla di neolingua in riferimento a una lingua priva di valore, incoerente e inesatta. Gli effetti di questa neolingua, associati a quello che Manchette definisce “il decadimento della cultura”, hanno finito per danneggiare il linguaggio del genere giallo, dando vita a una commistione tra romanzo poliziesco e letteratura alta. Un errore inevitabile, sempre secondo lo studioso.
In effetti, nell’ambito della letteratura italiana, è frequente, come nel caso di Io uccido e di molte altre opere letterarie contemporanee, trovare una lingua ibrida che fonde lessici di diversa provenienza, toni e registri differenti e che, a volte, non riesce a raggiungere quell’equilibrio tra le succitate letteratura alta e letteratura di genere. A questo proposito, Spinazzola (2012:131) spiega che Faletti, nella sua ricerca dell’enfasi romantica, a volte sfiora il ridicolo, soprattutto quando cerca di sfoggiare la sua “dignità letteraria” e di alzare il livello stilistico di quanto scrive. Secondo lo studioso, questo atteggiamento genera un effetto deplorevole, totalmente privo di leggiadria. Tuttavia, un fenomeno di questo tipo non è certo una novità ma un semplice esempio di quello che siamo soliti chiamare “kitsch”, un tratto sintomatico di quella letteratura convenzionalmente definita “popolare”. L’esempio che segue, un po’ lungo ma meritevole di essere riportato nella sua interezza, potrebbe benissimo essere il passaggio di un romanzo rosa (rosa shocking, volendo essere precisi):
Originale italiano: Erano entrati in casa senza fare rumore, quasi furtivi. Pareva che quello a cui si stavano avvicinando non fosse un loro diritto, ma qualcosa di cui si stessero appropriando con la forza e con l’inganno.
Frank maledì quella sensazione malata e chi e cosa li aveva portati a trovarla.
Non c’era stato il cibo e non c’era stato il vino che Helena aveva promesso.
C’erano stati subito e solo loro due e i loro vestiti di colpo troppo larghi, caduti a terra con la naturalezza delle promesse mantenute. C’erano un’altra fame e un’altra sete da troppo tempo ignorate da soddisfare, c’era un vuoto da riempire che solo ora, mentre cercavano di colmarlo, riuscivano a capire quanto fosse grande. (pagg. 428-429)
Traduzione spagnola: Entraron en la casa sin hacer ruido, casi como furtivos, con la extraña sensación de no tener derecho a vivir lo que estaban viviendo.
Frank maldijo aquella sensación enfermiza, y a la persona y el motivo que la habían provocado.
No probaron ni la comida ni el vino prometidos por Helena.
Desde el primer momento, fueron solo ellos dos, y su ropa, de pronto excesiva, caída en el suelo con la naturalidad de las promesas cumplidas. Había otra hambre y otra sed durante largo tiempo insatisfechas, había un vacío por llenar que solo ahora, mientras trataban de colmarlo, comprendían qué grande era. (pagg. 400-401)
Traduzione inglese: (…) They had gone inside the house furtively, without making a sound, as if that they were about to do was not within their rights but achieved by force and falsehood.
Frank had cursed that uneasy feeling and the person who was the cause of it. There had not been any food or wine, as Helena had promised. It was just the two of them. Their clothing fell to the floor with the certainty of a promise kept. There was another hunger and another thirst to satisfy, ignored for far too long. There was an emptiness to fill, and only then did realise how immense it was. (…) (pag. 336)
Salta subito agli occhi che la traduzione inglese non rispetta la suddivisione in paragrafi dell’originale, evento abbastanza frequente durante tutta la versione. Di fatto, nei due qui trascritti mancano – le abbiamo evidenziate con i puntini di sospensione tra parentesi – le rispettive frasi che li completano e che, a loro volta, provengono da altri paragrafi del romanzo originale. Visto e considerato che, e ci teniamo a ribadirlo, la maggior parte degli interventi del gruppo di traduttori inglese sono dovuti al desiderio di sveltire la narrazione, non solo vengono omessi dettagli dell’originale ma anche punti e a parte quasi cercando di rispettare la parola d’ordine “un’idea per ogni paragrafo” in modo da non ritrovarsi con una serie di frasi brevi, quasi interrotte. Se in Io uccido, l’autore utilizza soprattutto uno stile nominale, con giustapposizione delle frasi e informazioni sequenziali, in I kill si predilige un discorso più fitto ma, allo stesso tempo, più scorrevole, con meno interruzioni e meno pause, sebbene si segmentino frasi che nell’originale non erano segmentate potenziando la coordinazione rispetto alla subordinazione. La traduzione spagnola si muove nella stessa direzione, omettendo qualche dettaglio e, a volte, riorganizzando le frasi per semplificare il discorso (vedere a questo proposito le prime frasi dell’esempio di cui sopra), anche se, in linea di principio, rispetta la suddivisione in paragrafi dell’originale.
Ci troviamo di fronte a una dimostrazione di come l’abbellimento o la nobilitazione “letteraria” di cui si rammaricava Manchette determini, come conseguenza, la comparsa di excursus ipoteticamente lirici o romantici. La traduzione inglese, più coerente negli interventi (anche se sembrano non avere alcuna sistematicità) volti ad applicare le convenzioni del genere giallo, privilegia l’azione rispetto alla descrizione o l’introspezione e interviene in modo più diretto, quasi volesse richiamare l’autore all’ordine:
Originale italiano: La ragazza si era accorta da tempo di questo sentimento nei suoi confronti. Era un amore, se così si poteva definire, tipicamente infantile, in linea con il modo di essere di Pierrot, ma che come tutti i sentimenti andava rispettato. Sapeva quanta capacità di voler bene ci fosse nell’animo di quel ragazzo strano che sembrava perennemente impaurito dal mondo: c’erano il candore e la sincerità che si trovano solo nell’affetto dei bambini e dei cani. Poteva sembrare un paragone un po’ riduttivo, ma era l’espressione di un affetto completo e sincero, un affetto che esiste in quanto tale, senza bisogno di contropartita. (pag. 555)
Traduzione spagnola: Barbara lo había notado hacía tiempo. Era un amor –si así se podía definir– típicamente infantil, lo mismo que Pierrot; pero, como todos los sentimientos, debía ser respetado. Sabía cuánta capacidad de afecto había en aquel muchacho extraño que parecía siempre asustado del mundo: la clase de candor y sinceridad que solo se encuentra en el cariño de los niños y los perros. Quizá la comparación resultara un poco restrictiva, pero era la expresión de un afecto completo y sincero, un afecto que existe en tanto tal, sin esperar nada a cambio. (pag. 516)
Traduzione inglese: The girl has noticed what was going on some time ago. It’s was puppy love –if that term could be used with someone like Pierrot– and it deserved respect like all feeling. She knew how deeply this strange boy, who seemed so afraid of the world, could love. Such candour and sincerity could be found only in children. It was the expression of a complete, honest affection, without needing to be returned. (pag. 434)
Anche in questo caso ci troviamo di fronte alla descrizione di un sentimento, e di nuovo notiamo l’omissione di alcuni dettagli dell’originale. Innanzitutto, la traduzione spagnola riprende il nome di Barbara, come se il lettore si fosse dimenticato del soggetto del discorso, e semplifica leggermente i concetti esposti da Faletti. La versione inglese, in compenso, molto radicale anche in questo esempio, non solo semplifica i concetti ma accantona il paragone tra l’amore provato da Pierrot (un ragazzo che soffre di un ritardo mentale) e quello che può provare un cane trasferendolo nel più ingenuo sintagma puppy love; questo significa che interpreta la spiegazione fornita da Faletti come excusatio non petita… e la elimina in un sol colpo.
È sintomatico della nostra epoca tradurre un libro di omicidi a tinte forti continuando, tuttavia, a seguire le norme del politicamente corretto per non ferire la sensibilità di qualcuno. È quanto avviene nell’esempio qui di seguito riportato, dove si passa, per così dire, da un tentativo di lirismo introspettivo a un linguaggio meno formale, nell’ambito di quella continua combinazione di toni e, perché non ammetterlo, tenore letterario che tanto preoccupava, in quanto segno di degradazione, lo studioso Manchette. Vale la pena osservare che nella traduzione spagnola i tre primi interventi sono stati rielaborati, tralasciando i formalismi conversazionali e andando direttamente alle “novità”:
Originale italiano: «Ciao, Claude.»
«Buon giorno Frank.»
«Hai sentito le novità?»
«Sì, Roncaille mi ha detto tutto. Sono contento che sia tu a occuparti dell’inchiesta, anche se…»
«Anche se?»
Morelli pareva solido come la Rocca di Gibilterra mentre pronunciava queste parole.
«…Anche se ritengo quello che hanno fatto al commissario Hulot un’autentica carognata.» (pagg. 370-371)
Traduzione spagnola: –Buenos días, Claude. ¿Te has enterado de las novedades?
–Sí, me lo ha contado Roncaille. Me alegra que tú te encargues de la investigación, aunque…
–¿Aunque?
Morelli respondió, firme como el peñón de Gibraltar.
–… aunque considero que lo que le han hecho al comisario Hulot ha sido una auténtica guarrada. (pagg. 347)
Traduzione inglese: ‘Hey, Claude.’
‘Hello, Frank.’
‘Did you hear the news?’
‘Yes. Roncaille told me everything. I’m glad you’re the one running the investigation now, although…’
‘Although?’
‘I think they treated Hulot like shit.’ Morelli did not hold back when he said these words. (pagg. 289)
La traduzione inglese sorvola sul riferimento a Gibilterra come se si trattasse di uno di quegli argomenti di cui non si parla o, semplicemente, sgraditi. Si potrebbe affermare che questa omissione (alla pari di quella dell’esempio precedente) segua lo stesso principio delle soppressioni di ordine morale cha abbiamo visto prima parlando di Robyns (1990), quando in realtà si tratta di una semplice battuta di spirito, frequente in Io uccido, anche se nel romanzo non è presente quella vena sarcastica e caustica tipica degli investigatori più agguerriti. È importante notare l’utilizzo del termine colloquiale “carognata”, a nostro parere tradotto adeguatamente in entrambi i casi (“guarrada” e “like shit”), anche se la versione inglese si avvale di un termine sconcio che non compare nell’originale.
D’altra parte, e in un certo senso rapportata al linguaggio colloquiale, la presenza di forestierismi sarebbe un altro dei tratti caratteristici di quel fenomeno che Manchette chiama neolingua e che, nel nostro caso specifico, è denominato “italiano di uso medio” o “italiano neostandard”. In Io uccido l’uso di forestierismi (soprattutto di termini inglesi e appartenenti al settore tecnologico, benché si riscontri anche la presenza di termini francesi e di locuzioni latine) è frequente. Questa passione per gli anglicismi viene in seguito esacerbata in un altro romanzo dello stesso autore, Io sono Dio, nella cui stesura Giorgio Faletti arriva ad utilizzare calchi diretti dell’inglese che non sempre i lettori italiani dimostreranno di comprendere o apprezzare (Sacchi 2009) e sulla cui traduzione sarebbe interessante realizzare un altro studio. Nel caso di Io uccido, la maggior parte degli anglicismi sono stati mantenuti anche nella traduzione spagnola, incluso il termine bunjee-jumping (pag. 449) che resta invariato (pag. 419), anche se noi spagnoli, cosa peculiare, ci avvaliamo abitualmente dello pseudo anglicismo puenting per parlare di questa pratica sportiva. In generale, si tratta di anglicismi comunemente utilizzati nei mezzi di comunicazione spagnoli, come catering, rollers o impeachment, oppure di termini relazionati con il mondo della musica come jingle, dance, new age ecc… È alquanto insolito riscontrare, nella traduzione castigliana, insieme ai forestierismi, l’utilizzo sistematico dell’aggettivo “estadounidense” come traduzione di “americano”. Si parla addirittura di “biliardo americano” (pag. 145) che nella traduzione viene reso con “billar estadounidense” (pag. 140) al posto del classico “billar americano”, forse perché il termine è stato sostituito in automatico dall’elaboratore di testi.
Secondo Spinazzola (2012:132) questo uso costante di anglicismi ha l’obiettivo di cercare di attrarre, tra i potenziali lettori, un pubblico giovane e di dinamizzare il romanzo sottraendolo, come si è visto all’inizio, alla sfera locale.
Gli interventi compiuti nelle traduzioni, e riguardanti la “rettifica” della neolingua di cui parlava Manchette, generano un distacco maggiore dal testo originale rispetto a quello che possono provocare gli interventi di mera soppressione di un riferimento culturale, come visto nel paragrafo precedente. A nostro parere, attraverso la riorganizzazione, soppressione e riduzione di paragrafi e frasi non si vuole solo potenziare l’azione ma anche attenuare il peso retorico (se così lo si può chiamare) del romanzo e intervenire, soprattutto e con coscienza, in ambito stilistico con l’intento di nobilitare il prodotto letterario (il termine “prodotto” è qui utilizzato deliberatamente).
3. Motivazioni che determinano alcune scelte nella traduzione del genere giallo (a scopo conclusivo)
Abbiamo visto alcuni esempi in cui si dimostra come l’omissione e la riformulazione (o semplificazione, per dirlo altrimenti) sono le strategie principali utilizzate per tradurre Io uccido in spagnolo e in inglese.
Francesco Spurio (2011) ricorda, nel commentare le prime traduzioni dei romanzi di Agatha Christie realizzate in Italia, come le soppressioni e le modifiche fossero motivate, oltre che dal contesto politico dell’epoca (era il periodo del fascismo), anche da esigenze editoriali, tra cui la necessità di ridurre il numero di pagine per poter abbassare il prezzo (e questo, come sappiamo, non succedeva solo in Italia). Questa intimazione, al giorno d’oggi, non sarebbe valida in linea di principio in quanto sono proprio i romanzi molto voluminosi a determinare il successo dell’industria. Quello che ci interessa, in questo contesto, è quanto sottolinea lo stesso Spurio, ovvero, per dirla in parole povere, il fatto che il lettore di romanzi gialli, in fin dei conti, ha un’unica vera preoccupazione: scoprire chi è il colpevole del delitto narrato (quello che Andreu Martín definisce “il gioco”). Questa logica divinatoria giustifica quindi il fatto che tutti gli elementi considerati accessori, ed estranei all’indagine poliziesca, o che semplicemente distraggono da tale proposito (descrizioni prolisse di ambienti o stati d’animo, divagazioni filosofiche o sociali, ecc…) vengano ridotti o eliminati.
La tradizione, come abbiamo appena visto, è ancora vigente, e non solo per il romanzo giallo ma anche per altri generi popolari come la fantascienza o il romanzo rosa. Sotto il fascismo, questo tipo di interventi sull’originale dimostrava, a parte il disprezzo nei confronti di un genere letterario ritenuto inferiore, la scarsa considerazione di cui godevano gli autori stranieri in primo luogo e i lettori in secondo luogo; questo perché si dubitava della loro competenza linguistica. Oggi possiamo affermare che le cose non sono cambiate poi molto: nelle traduzioni di questo tipo prevale una mancanza di stima nei confronti degli autori stranieri e forse anche verso i lettori stessi, oltre a un certo disprezzo per quella che viene considerata letteratura di massa, come ad esempio i romanzi gialli. Javier Franco Aixelá e Carlos Abio Villarig (2009: 126), a questo riguardo, sottolineano come l’ingresso nel canone letterario di determinati autori (Chandler o Hammett, ad esempio, o Boris Vian e Vázquez Montalbán) abbia elevato il livello culturale attribuito a questo genere, e formulano un ragionamento già suggerito dalle intuizioni di Manchette:
Nella traduzione, questa nobilitazione letteraria sembra determinare il ricorso a strategie sempre più conservatrici e letterarizzanti rispetto all’universo culturale e stilistico di partenza, come succede ad esempio con le traduzioni dei testi di Chandler e Hammett.
Non è questo il caso di Io uccido: il critico del Times Marcel Berlins (2010) definisce la traduzione inglese del libro di Faletti: “irritatingly clunky” (irritantemente grossolana), e specifica che il fatto che il romanzo sia stato tradotto da quattro persone è un elemento importante in quanto, visto che i lettori britannici si avvicinano raramente alla letteratura gialla in altre lingue, quando ciò avviene è più che mai indispensabile che la qualità delle traduzioni sia alta, poiché proprio in tale qualità risiede l’accettazione o il rifiuto di un’opera (e qui Berlins si dimostra d’accordo con quanto esposto da Manchette riguardo alla necessità di commissionare buone traduzioni).
Quello che risulta evidente è che l’omissione, come strategia di cui ci si avvale nell’istante di tradurre, non è affatto una novità, e se le traduzioni di Io uccido la utilizzano modificando lo stile dell’originale – indipendentemente dal nostro condividere o no tale procedimento – non lo fanno per capriccio ma perché si appellano all’abitudine e alle aspettative dei nuovi lettori del genere. Quello che conta non è la fedeltà all’originale concreto, ma la fedeltà al genere, come sostiene Robyns (1990:24): ““translating a novel apparently still was (and often is) considered as rendering a narrative structure rather than a text.”
In questa struttura narrativa che conforma il genere giallo, la figura per eccellenza, dello strong silent man, è quella che sembra predominare insistendo ancora una volta sulla tradizione. Basta dare un’occhiata all’ultimo esempio del nostro studio e, soprattutto, alla sua traduzione inglese, per capirlo:
Originale italiano: «Questo signore silenzioso alle mie spalle si chiama Frank Ottobre ed è un agente speciale dell’FBI.» (pag. 351)
Traduzione spagnola: –Este señor callado que está a mi espalda es Frank Ottobre, agente especial del FBI. (pag. 330)
Traduzione inglese: ‘Hi, Guillaume.’ The boy shook the inspector’s hand and Nicolas nodded towards his companion. ‘This strong silent type is Frank Ottobre, FBI special agent.’ (pág. 275)
Per il momento, quel signore silenzioso (e forte) continua, nonostante tutto, a guardare i traduttori da sopra la spalla mentre questi lavorano.
Informazioni aggiuntive
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