Paesaggio e Sublime
Traduzione a cura di Annamaria Martinolli
Il presente articolo è stato pubblicato per la prima volta sul sito della British Library nel 2014. L’autore è Philip Shaw. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli.
In me stesso, non vivo io già, – se solitario vivo; –
Ma all’universo mi confondo e parte
Divengo d’esso. M’è tortura il rombo
Delle città; sui monti ardui e solenni
S’esalta l’alma mia. Fremo in vedermi
Qui anel d’immensurabile catena,
A tante immonde creature avvinto;
Mentre lo spirto mio mescersi anela
Al cielo, agli astri, alle montagne e a’ flutti
Dell’ocean. – Questo pensier dì e notte indomito m’assal –
(Lord Byron, Il pellegrinaggio del giovane Aroldo, Canto 3, Stanza 72, traduzione di Carlo Faccioli, Barbera Editore 1873)
Oltre al romanzo gotico Frankenstein di Mary Shelley, nell’estate del 1816, nel Canton Ginevra in Svizzera, furono composti due poemi di notevole importanza letteraria: il Canto 3 del poema romantico Il pellegrinaggio del giovane Aroldo di Lord Byron e Monte Bianco: Versi scritti nella valle di Chamonix di Percy Bysshe Shelley. Entrambi i poemi riflettono il vivo interesse dei loro autori per l’estetica del sublime. Quando Lord Byron scrive del suo desiderio di mescere il suo spirto alle montagne, ai flutti dell’oceano e agli astri, riprende più di un secolo di manifestazioni di pensiero sul rapporto tra l’uomo e gli aspetti magnifici e spaventosi della natura.
Intorno al 1690, John Dennis, Lord Shaftesbury e Joseph Addison si recarono, in periodi diversi, in viaggio in Francia e nelle Alpi Svizzere. Questa esperienza portò alla pubblicazione di una serie di autorevoli resoconti sulla natura selvaggia e desolata. Ne I moralisti, ad esempio, Lord Shaftesbury esprime allo stesso tempo un sentimento di delizia e repulsione descrivendo una montagna come un’imponente rovina. Nel 1712, invece, Joseph Addison descrive l’ingrossarsi delle onde dell’oceano come un evento che genera uno stupore molto piacevole[1]. Il senso di gradevole spavento che l’immensità e le anomalie presenti in natura instillano in Addison trova sostegno in Edmund Burke quando descrive quel “delizioso spavento che è la conseguenza più genuina e la prova più autentica del sublime”. Composto nel 1757, A Philosophical Enquiry into the Origin of our Ideas of the Sublime and the Beautiful (noto in Italia con il titolo Inchiesta sul Bello e il Sublime) include, nel suo repertorio di oggetti ed eventi sublimi, il “rumore delle immense cateratte e delle violente tempeste” e “i tuoni”. Il poema di Lord Byron, con il suo focalizzarsi sui luoghi dall’aspetto vertiginoso e sui suoni del paesaggio alpino, culmina nel resoconto di un temporale da cui risulta evidente l’influenza esercitata sull’autore dall’opera di Edmund Burke. Attratto dal violento rumore del tuono, e dallo spettacolo, ricco di contrasti, dei lampi nella gloriosa notte, il poeta sogna di diventare parte del gigantesco terribile gaudio e di mescersi alla bufera e alla notte.
Mente e montagne
Questa voglia di diventare parte dell’ alte giogaie, il firmamento e il mare è un importante aspetto della letteratura del periodo romantico. In Monte Bianco, di Percy Bysshe Shelley, i confini tra la mente e la natura sono deliberatamente indistinti. Fissando la gola dell’Arve in una trance sublime, il poeta riflette sul flusso di sensazioni che pervadono la sua mente:
… che passivamente
ora dà e riceve un veloce influsso,
mantenendo un incessante scambio
con il chiaro universo delle cose attorno […]
Il modo in cui l’autore si identifica con l’immenso e invincibile paesaggio alpino può essere interpretato da vari punti di vista. A differenza di Samuel Taylor Coleridge, il cui Inno prima dell’alba nella Valle di Chamonix, del 1802, descrive le vette che puntano al cielo come emblemi di Dio, e diversamente da William Wordsworth, il cui Preludio del 1805 esprime concetti simili facendo assurgere le montagne a simboli del legame tra l’umano e il divino, il Monte Bianco di Shelley è provocatoriamente remoto e inaccessibile. Alla pari degli schizzi ad acquerello di Joseph Mallord William Turner delle zone attorno al Monte Bianco, che raffigurano individui sovrastati, quasi a esserne schiacciati, da immensi strapiombi e da desolate lande di ghiaccio, il paesaggio visionario di Shelley è ostile e austero. In mancanza di Dio, a quanto sembra suggerire il poema, le montagne acquisiscono un loro significato solo e unicamente in conseguenza del potere animista dell’immaginazione umana.
Terra e libertà
È importante sottolineare che, per Shelley, il Monte Bianco è anche un simbolo di libertà politica, sufficientemente forte nella sua immensità da annullare un gran numero di inganni e dolori. La connessione tra i paesaggi sublimi e le idee di libertà si è formata nel corso del XVIII secolo, periodo in cui i giardini recintati erano diventati simbolo di aristocratica reclusione e di controllo e in cui i paesaggi selvaggi e incolti dietro alle case di campagna rappresentavano libertà e liberazione.
Mentre i primi poeti topografici, come James Thomson, cercavano di contenere la potenza del sublime all’interno di ambientazioni pittoresche e concilianti (vedesi ad esempio la descrizione della tempesta di neve nel poema Inverno facente parte de Le Stagioni del 1730), gli autori tardo romantici sembrano più disposti a esplorare le radicali implicazioni dei fenomeni naturali estremi. I Bozzetti descrittivi (1792) di William Wordsworth si allontanano dalle convenzioni della poesia paesaggistica nel resoconto apocalittico delle montagne incandescenti come carboni ardenti. Unendo elementi tratti dalla quarta bucolica di Virgilio, dalla Seconda lettera di Pietro 3:10-13 e dall’Apocalisse di Giovanni, il paesaggio in fiamme dà vita a un’altra terra. Esattamente come l’immagine terrificante dell’eruzione del Vesuvio dipinta da Joseph Wright of Derby, Wordsworth sembra nutrire un certo fascino per il piacevole orrore generato dalla sublime violenza. Ma la sua visione apocalittica si fonda anche sul ricordo recente del fiasco della Rivoluzione francese. Il suo ricercare un radicalismo politico attraverso la scrittura nel tentativo di evitare che la Rivoluzione degeneri nel dispotismo e nel terrore lo spinge ad appellarsi alle onde della libertà perché si elevino Sublimi sopra la Conquista, l’Avarizia e l’Orgoglio. Il successivo rigetto, da parte del poeta, della politica rivoluzionaria fu denunciato da Percy Bysshe Shelley e da Lord Byron, anche se, sotto molti aspetti, sia Monte Bianco che il Canto 3 del Pellegrinaggio del giovane Aroldo possono essere interpretati come una prosecuzione dell’estetica del paesaggio e della libertà esplorate da William Wordsworth nei suoi anni giovanili.
Informazioni aggiuntive
Note: [1] Spectator, issue 489, 20 September 1712. Biografia dell’autore: Philip Shaw è Professore di Studi Romantici all’Università di Leicester. Svolge ricerche nell’ambito della letteratura romantica britannica e delle arti visive. Ha pubblicato opere quali Suffering and Sentiment in Romantic Military Art (2013), The Sublime (2006), Waterloo and the Romantic Imagination (2002) e, in qualità di curatore, Romantic Wars: Studies in Culture and Conflict, 1789-1822 (2000). Attualmente si sta occupando di studi sulla letteratura, la guerra e l’estetica nei secoli XVIII e XIX.