La vendetta femminile: violenza, assurdità e umorismo nero nei racconti brevi di Roald Dahl (III)
Traduction de Annamaria Martinolli
Imbalsamare la vittima: l’inesplicata vendetta in L’affittacamere (1959)
Il presente testo è un frammento del saggio pubblicato sul Journal of College of Education for Women, vol. 27 (3) 2016, University of Baghdad, Iraq, pp. 1178-1180. L’autrice è la dottoressa Maysaa Husam Jaber. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli.
L’affittacamere di Roald Dahl mostra un diverso aspetto della vendetta femminile. Illustra un oscuro, e allo stesso tempo misterioso, lato del comportamento criminale umano. Il racconto è incentrato su una donna, proprietaria di un Bed and Breakfast a Bath, che di rado riceve clienti. La storia riguarda proprio uno di questi, Billy Weaver, un giovane che prende il treno da Londra a Bath per iniziare là un nuovo lavoro. Quando scorge un cartello all’interno del Bed and Breakfast, e viene accolto da una cortese vecchietta, decide di trattenersi la notte, invogliato soprattutto dal prezzo conveniente offerto dalla signora. Ben presto il giovane viene a conoscenza dell’hobby della donna di imbalsamare animali e conservarli come trofei. Ma quando firma il registro delle presenze, capisce che contiene solo due nomi risalenti a due anni prima. Capisce anche che i nomi gli suonano familiari (due uomini scomparsi e i cui nomi in passato ha letto sul giornale). La storia si conclude lasciando intendere che Billy verrà ucciso dall’affittacamere, esattamente come i due clienti precedenti, dopo aver bevuto una tazza di tè avvelenato.
Il racconto ci presenta una donna la cui missione è uccidere giovani. Ma non c’è alcun motivo evidente che spieghi il perché del suo gesto. È spietata e astuta alla pari di altri personaggi femminili della narrativa di Roald Dahl, se non di più. Non solo non dimostra alcun senso di colpa, ma commette delitti perfetti senza suscitare il benché minimo sospetto. L’affittacamere ritrae una donna anziana che non si limita a uccidere giovani, ma li imbalsama e li conserva come animali da salotto. Le sue azioni sono di una perversità estrema poiché vanno contro tutti i modelli dei tradizionali ruoli di genere. Anziché essere una vecchietta accudente e premurosa, quest’anziana uccide, ma non per necessità, perché le piace farlo. Non è un personaggio facile da interpretare e capire. Gioca la carta della donna anziana con Billy fingendo di aver cura di lui e offrendogli del tè quando in realtà sta ordendo un grottesco e atroce omicidio. È difficile ribaltare l’immagine di un’anziana premurosa convertendola in un’assassina. Ad accrescere il mistero è anche l’evidenza che la donna è riuscita a nascondere i suoi crimini per anni e farla sempre franca. In un certo senso, questo fa dell’affittacamere una donna che stravolge la tradizionale rappresentazione della femminilità e sfida l’idea di docilità e sottomissione legate alle donne.
La storia mette in evidenza una diversa forma di vendetta, nascosta e non illustrata in modo chiaro. A differenza di altre storie di Roald Dahl, che presentano una moglie e un marito alle prese con eventi che mostrano un improvviso scivolare verso la vendetta, in L’affittacamere c’è una ragione nascosta che spinge la donna a commettere questi omicidi. Il non sapere perché uccida quei giovani di fatto incrementa la caratterizzazione del personaggio in quanto donna calcolatrice e pone su un altro piano il tema della vendetta. Questa è una donna apparentemente votata all’uccisione di giovani che ama avere umani da compagnia. Di conseguenza, la sua vendetta è quasi freudiana, con una femmina castratrice che mira a distruggere gli uomini che la circondano. La sua vendetta è misteriosa eppure è questo mistero ad attirare il lettore in un mondo perverso di oscurità, crudeltà e violenza latente.
Malgrado il mistero celato dietro alle motivazioni, la storia lascia presagire l’orrore che farà seguito alla gentilezza e alla dolcezza viste nell’affittacamere all’inizio. Questo avviene, ad esempio, quando Billy, di soli diciassette anni, ricorda di aver letto da qualche parte il nome di uno dei due clienti precedenti: “Dove diavolo l’aveva sentito quel nome non certo molto comune?”. Capiamo subito che c’è qualcosa che non va. Inoltre, all’inizio il narratore onnisciente afferma che Billy “in una pensione non era mai stato” e che “gli mettevano un pochino di soggezione”. Il fatto che il ragazzo non sia abituato all’ambiente di una pensione e che provi soggezione, suggerisce al lettore che sta per accadere qualcosa di spaventoso, anche se non viene specificato o dichiarato apertamente. Stando così le cose, il lettore non può avere piena coscienza di quello che non va finché non si arriva alla fine della storia. Il modo in cui Roald Dahl lascia presagire gli eventi è radicato nell’atmosfera tetra e di presentimento in cui è immersa la storia. Ad esempio, il narratore descrive il cartello del Bed and Breakfast come segue: “Ogni parola era come un occhio nero che lo fissava da dietro il vetro, lo tratteneva, lo inchiodava lì impedendogli di allontanarsi dalla casa”, e inoltre: “il freddo era pressoché mortale e soffiava un vento che gli tagliava le guance come una lama di ghiaccio”. L’atmosfera sinistra dipinta dalla storia si ricollega all’oscurità dei personaggi, in particolare l’affittacamere. Il fatto che la storia lasci intuire che c’è qualcosa che non va senza indicare di che cosa si tratti, intensifica il culminare della violenza e l’assurdità dell’azione. Induce il lettore a cercare una spiegazione per capire il movente di una donna anziana, che uccide per divertimento, e poi fa sì che forse si renda conto della futilità di questa sua ricerca.
La storia si avvale, inoltre, dell’ironia per creare e accrescere l’atmosfera tetra e la sensazione di un destino di morte incombente che Billy sta per affrontare. Le parole, soprattutto quelle dell’affittacamere, si fanno cariche di un doppio significato ma esprimono anche la natura cupa e oscura che la donna cela nel suo vendicarsi di quei ragazzi: “Imbalsamo tutte le mie care creature quando trapassano”, afferma. Se in superficie la dichiarazione sembra innocua, in realtà nasconde un segreto grottesco. Gli “animali” a cui l’affittacamere si riferisce non sono animali ma persone che uccide. Dice anche a Billy: “Non mi capita tanto spesso di avere ospiti nel mio piccolo nido”. Il nido in cui accoglie Billy non è né tranquillo né accogliente. Piuttosto, è una pericolosa ragnatela mortale. Attraverso l’uso deliberato di parole che in realtà significano l’opposto (nido di solito indica calore e serenità), la violenza dell’affittacamere si intensifica. Anziché ritrarre una brutale donna vendicativa, Roald Dahl dà una sottile, benché latente rappresentazione di violenza femminile.
Verso la fine del racconto, Billy beve il tè che si suppone essere avvelenato: “il tè aveva un vago sapore di mandorle amare, e proprio non lo faceva impazzire”. Il sapore di mandorle è in realtà un riferimento al veleno che viene snidato. In questo contesto, il cibo è utilizzato come violenza imposta. Può essere interpretato come un mezzo per raggiungere appagamento sessuale da parte dell’affittacamere che in questo modo possiede le giovani vittime. La studiosa Laura Viñas Vale, nella sua tesi Constructing Dahl, a reappraisal of Roald Dahl’s children’s books, afferma che nelle storie di Roald Dahl “il piacere del cibo è presentato in un modo compito e ricercato ed è alquanto connesso a idee di appetito sessuale e/o vendetta”. Di conseguenza, nel leggere L’affittacamere, la vendetta diventa un pensiero fisso quando si cerca di spiegare il comportamento della donna. Per motivi non precisati, la protagonista vuole perpetrare tortura e vendetta sui giovani che arrivano al suo Bed and Breakfast. Come suggerisce L.H. Makman, nel suo articolo incentrato sull’autore e apparso sul British Writers Supplement IV, il personaggio femminile de L’affittacamere “anticipa la strega malvagia del romanzo Le streghe; l’affittacamere non è la persona che inizialmente sembra essere. In Le streghe anche la donna all’apparenza più gentile può rivelarsi una strega”.
Di conseguenza, in questa storia, Roald Dahl offre una diversa prospettiva del rapporto uomo-donna visto in Cosciotto d’agnello e L’ascesa al cielo. L’affittacamere prende una direzione diversa rispetto al contesto domestico di marito e moglie, e va ad esaminare l’incontro tra l’affittacamere e il suo ospite. Inoltre, l’autore fornisce molti dettagli sull’interazione tra il personaggio maschile e quello femminile anziché focalizzarsi sull’azione. Un buon esempio di questo lo si trova verso la fine quando si riscontra una deliberata lentezza nella descrizione di una situazione di quasi totale immobilità:
Billy prese a sorseggiare il suo tè. Lei fece altrettanto. Per qualcosa come mezzo minuto nessuno dei due aprì bocca. Billy però sapeva che la donna lo stava guardando. Era girata a metà verso di lui, e lui si sentiva addosso gli occhi cilestrini, che lo guardavano di sopra il bordo della tazza. Ogni tanto avvertiva un odore particolare che sembrava provenire da lei. Non era affatto spiacevole e gli ricordava… bè, non avrebbe saputo dire che cosa gli ricordava. Sottaceti? Pelle appena conciata? O il corridoio di un ospedale?
Il finale trasmette un senso di inquietudine dettato dalla consapevolezza che Billy morirà. Si deduce, anche se non con assoluta certezza, che il tè è avvelenato e che Billy andrà ad aggiungersi ai due uomini già scomparsi. Il fatto che Dahl non fornisca dettagli definitivi dell’omicidio accresce il mistero e anche la sensazione di cupa atmosfera che domina la storia. In questo caso il lettore viene lasciato da solo, poiché l’autore non gli dà molto aiuto. Di per se stesso questo metodo rientra nel modo in cui Dahl tesse il suo mondo narrativo. Incute molta paura ma non è così ovvio. La storia si conclude con la sensazione dell’incombere di una disgrazia, eppure il fatto che non vi assistiamo aumenta la forza della narrazione e la tensione. L’ultimo dialogo tra l’affittacamere e Billy ci mostra lei che lo osserva, calma, con un “sorriso dolce”, in perfetto contrasto con l’omicidio che sappiamo la donna ha appena commesso. C’è anche un senso di prigionia, con Billy alla sua completa mercé:
“…ma non ha avuto altri ospiti all’infuori di quei due in questi ultimi tre anni?”.
Reggendo la tazza con una mano, piegando leggermente la testa sulla sinistra, la donna lo guardò con la coda degli occhi cilestrini e gli sorrise ancora una volta, dolce.
“No, mio caro” rispose poi. “Solo lei”.
In conclusione, la storia si chiude con la battuta finale “Solo lei” che porta con sé due sfaccettature contraddittorie di significato. Il primo è un senso di intimità che di solito suggerisce calore e gentilezza. Il secondo, invece, è un senso opposto di paura e ansia da parte del lettore che si rende conto che lei sta tenendo Billy per sé; “solo lei” non come un atto di gentilezza ma con l’intenzione di ucciderlo. La storia, quindi, si chiude con ironia e l’incombente sensazione che un atto orribile sta per compiersi. Gli elementi che, nel racconto, Roald Dahl tiene fuori dalla pagina, e il finale improvviso, non fanno che aumentare il presagio della caratterizzazione della padrona di casa come vendicatrice.
Note
I passi del racconto sono qui riportati nella traduzione di Attilio Veraldi per Ugo Guanda Editore, Parma 2004.