Le Favole a fumetti di Bill Willingham
Translation by Annamaria Martinolli
La presente intervista è tratta dal sito EvilGeeks.com ed è stata realizzata nell’agosto 2013 da Big Evil. La serie di Fables si è conclusa nel 2015 con la pubblicazione del numero 150, in Italia gli albi sono stati suddivisi in ventitré volumi. Il film di cui si parla nell’intervista non è ancora stato realizzato ma nel frattempo la ABC ha mandato in onda la serie, in sette stagioni, Once Upon a Time chiaramente ispirata alle Fables di Willingham anche se la trama non si basa sugli eventi del fumetto. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli.
Un paio di giorni fa, al Comic Con. di Boston, ho avuto la straordinaria opportunità di incontrare e intervistare Bill Willingham, creatore della notissima serie Fables pubblicata da Vertigo. Per chi non la conoscesse, Fables ha per protagonisti i personaggi più amati delle fiabe e del folklore mentre cercano di farsi strada nel nostro mondo, il Mondo Terreno. La ragione del loro comportamento è che l’Avversario li ha costretti ad abbandonare le Terre Natie obbligandoli a rifarsi una vita in modi davvero imprevedibili. La serie regolare è durata più di dieci anni, con numerosi spin-off e graphic novel. Bill mi ha concesso mezz’ora del suo tempo dimostrandosi ben felice di fare una chiacchierata con me.
Big Evil (BE): Collabori con la Vertigo da più di quindici anni, cosa ti ha spinto, all’inizio, a proporre la tua storia proprio al loro brand?
Bill Willingham (BW): È stata la Vertigo a cercarmi. Shelly Bond (all’epoca curatrice di Elementals e poi direttore esecutivo della Vertigo, N.d.R.) mi ha contattato chiedendomi di lavorare per l’etichetta. Non ero sicuro di saper scrivere storie adatte ai loro lettori, ma Shelly fu molto insistente e mi convinse a sottoporle qualcosa.
BE: Com’è nata l’idea di Fables?
BW: È maturata a lungo nella mia testa. Da bambino sono sempre stato attratto dalle fiabe, dalle favole e dalle storie di folklore, e quei personaggi hanno continuato a manifestarsi in ogni cosa che facevo. Siccome il mio interesse andava in quella direzione, decisi di iniziare ufficialmente a scrivere su questo tipo di personaggi. La serie Fractured Fairy Tales mi ha ispirato e l’idea è venuta fuori col tempo.
BE: Quando hai iniziato la serie, ne avevi prevista anche una fine? Oppure pensavi comunque a un finale molto aperto?
BW: Entrambe le cose. Diciamo che cercavo di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Certo, un finale di partita deve esserci per forza, perché le storie finiscono (in effetti, molte storie presenti in Fables hanno avuto una conclusione precisa per quanto riguarda alcuni dei personaggi, N.d.R.) ma lo scenario di Fables può tranquillamente andare avanti. Ci sono storie meravigliose che accadono in questo nostro mondo, ma il fatto che la storia di una persona giunga al suo termine non determina la fine del mondo, perché ci sono milioni e milioni di storie là fuori. In definitiva, considero la serie di Fables come uno scenario, un luogo dove possono nascere diverse storie. Alcune di esse finiscono, e questo accade di continuo. Infatti, ci sono alcuni personaggi per i quali non mi sento di dire che non li rivedremo mai più, ma le loro storie sono già state raccontate.
BE: Hai realizzato Cenerentola, Jack of Fables e adesso Fairest… Stai pensando ad altri spin-off?
BW: No, non ci sono spin-off ufficiali o altre serie in via di sviluppo, ma Fairest è un titolo onnicomprensivo per molti di questi personaggi. C’è una graphic novel originale di Fairest (In tutto il reame, N.d.T.) che esce a novembre e racconta una grande storia, nel senso che contiene un grande mistero; ma è costituita da tante microstorie realizzate da artisti diversi. È un albo a sé, e conterrà tanti personaggi diversi presenti in Fables (tutti quelli che siamo riusciti a infilarci!). In ottobre uscirà anche la Fables Encyclopedia, curata da Jess Nevins (noto studioso di materie oscure), con me e Mark Buckingham che ci intromettiamo nel discorso con commenti da esperti.
BE: Nella serie sono morti personaggi di rilievo, cosa ne pensi della morte nei fumetti? È come una porta girevole?
BW: La mia idea di morte è basata su ciò che avviene nell’universo Marvel o DC, impari che la morte nei fumetti corrisponde a quanto sei disposto a investire in quella storia. Ad esempio, non so se mai resusciteranno Gwen Stacy in Spiderman. Quando introdussero il personaggio ero un grande fan del fumetto, lei morì in modo tragico e decisi che per me la storia era finita. Era una di quelle storie tragiche dove l’eroe stesso nasce in un contesto di tragedia e la storia si conclude con un altro tipo di tragedia. Una storia intensa e meravigliosa. E lo vedo, lo so che Spiderman è ancora in giro, ma nella mia testa la storia è quella e in qualità di lettore posso accettarlo.
Le corporation non possono accettarlo perché quando sei una grande azienda pubblica non puoi giuridicamente privarti di buon grado delle risorse e questi personaggi sono una risorsa inestimabile, è per questo che tornano di continuo. Si torna al vecchio adagio di Stan Lee: “Non il cambiamento, ma l’illusione del cambiamento”. Fai accadere una cosa e poi, dopo un po’, la reintroduci, e poi la reintroduci di nuovo. All’epoca credevano che il pubblico fosse come una porta girevole con un ricambio di lettori che avveniva ogni quattro anni, e quindi era facile da fare, ma adesso, con lettori che sono fan da una vita intera, si stanno accorgendo di questa illusione. In Fables non devo rispondere agli investitori, e non ci sono nemmeno azionisti. Ho la possibilità di rendere la storia preminente per decidere gli eventi duraturi e quelli che eventualmente non lo saranno. È una decisione che si basa sulle effettive necessità della storia, e non solo sul bisogno di riportare in vita i personaggi.
BE: Ci sono ambientazioni o personaggi che non hai ancora creato e non vedi l’ora di utilizzare? Con quale dei tuoi personaggi preferisci lavorare?
BW: Il limite all’introduzione di nuovi personaggi in Fables è legato al pubblico dominio. Ogni anno ci sono nuove storie e personaggi sui quali scadono i diritti d’autore, ad esempio, adesso sono disponibili alcune storie di Tarzan mentre altre sono ancora tutelate, ma si tratta di un flusso continuo. Forse potrei cavarmela inserendo Tarzan in Fables, anche se non credo starebbe bene in quel contesto, ma sono cresciuto leggendo le sue storie e mi piacerebbe, un giorno, creare qualcosa con il personaggio. Il mio sogno è trasferire tutti i protagonisti delle Cronache di Narnia in Fables, ma non posso. Di tanto in tanto faccio loro l’occhiolino, ma bisogna convivere con le proprie frustrazioni, e la gioia che questi personaggi esistano nei loro libri mitiga la delusione per non poterli arraffare e inserirli nei miei.
I miei personaggi preferiti cambiano spesso. Acchiappamosche nel volume Il buon principe, Boy Blue nella sua evoluzione. La storia è iniziata con Bianca Neve e Rosa Rossa in pieno conflitto, poi le abbiamo spinte a riavvicinarsi fino a comportarsi da vere sorelle, ora spezzeremo il legame mandandole su fronti opposti all’interno di un numero molto importante in cui ci saranno entrambe, e questo lo trovo davvero divertente. Poco prima di venire al Boston Comic Con., ho scritto la migliore scena con protagonista Bianca Neve che io abbia mai composto, o almeno così credo, ed è stato meraviglioso. Quindi in questo momento è lei la mia preferita. Ma cerco sempre di entrare nella testa di chi, in quell’istante, si trova al centro dell’attenzione. Anche se fai del male ai personaggi, devi amarli con tutto te stesso.
BE: Hai affidato Fairest ad altri team creativi, faresti la stessa cosa con la serie principale? O la consideri una tua creatura?
BW: Mai dire mai. Una delle ragioni per cui amo Fairest è che quando lavoro su Fables collaboro con Mark Buckingham, oppure, se lui non è disponibile per un’uscita, con i migliori artisti del fumetto. Il problema è che questa è solo la metà delle persone, appartenenti al mondo del fumetto, con cui devi lavorare, e tutti gli scrittori restano tagliati fuori. L’idea di Fairest è permettermi di lavorare anche con i miei scrittori preferiti del settore. Questo non significa che la serie principale non possa essere gestita da altri, ma i miei piani per il futuro coprono i prossimi due/tre anni, quindi ci vorrebbe davvero molta fortuna per trovare uno spazio da dedicare a questo. Non sto escludendo completamente l’idea, però a riguardo mi sento molto territoriale.
BE: Hai scritto cose notevoli per la DC Comics (personalmente ho amato Shadowpact, e Il giorno della vendetta è stato uno dei miei preferiti nell’ambito della serie Crisi infinita). C’è qualche possibilità di un tuo ritorno nell’iniziativa editoriale The New 52?
BW: Non lo so. Sono molto combattuto perché scrivere di personaggi non miei mi spezza il cuore. Questo perché non riesco a trattenermi dal pensare a buone storie per i personaggi che mi appartengono, e quindi è straziante sapere che qualsiasi cosa scriverai può essere spazzata via dal prossimo scrittore che prenderà il tuo posto, come di solito avviene. Puoi prenderla con filosofia e affermare che la tua storia di Robin comincia e finisce in un punto preciso, e anche se ci sono tantissime storie di Robin là fuori, questa è solo e soltanto tua. Detto questo, potrei tranquillamente scrivere una storia con altri personaggi se mi trovassi davanti a un personaggio e una storia che muoio dalla voglia di raccontare.
BE: Il mondo di Fables si sta espandendo in altri ambiti; puoi dirci qualcosa sul videogioco creato da Telltale? E puoi darci qualche anticipazione sulle notizie che corrono riguardo un possibile film?
BW: Riguardo al film, i produttori della saga di Harry Potter hanno dimostrato interesse e simpatia per Fables, quindi non escludo la possibilità che il progetto vada in porto. Tuttavia, come succede sempre quando si tratta di realizzare un film, ci sono milioni di ragioni per cui potrebbe arenarsi, anche se finora la cosa mi sembra funzionare. Per il videogioco, il mio coinvolgimento riguarda soprattutto l’individuazione di eventuali problemi. Telltale ha avuto un’idea, ne abbiamo discusso e io l’ho trovata fantastica. Mi hanno spiegato che avrei ricevuto gli aggiornamenti del gioco durante la sua realizzazione per essere sicuri che i personaggi fossero perfettamente calati nella parte. Il problema è che alla Telltale scrivono tutti benissimo, e mi pare conoscano talmente bene Fables che il mio intervento è stato davvero minimo, essendoci poche correzioni da apportare. A volte, mi capitava di guardare il videogioco ed esclamare: “Accidenti, perché non ci ho pensato io!”. In definitiva, faccio il consulente; sono convinto che sarà una bella storia, i miei amici giocatori dicono che dal punto di vista della concezione è un videogioco fantastico, e quindi lo aspetto con ansia. Quelli che lavorano alla Telltale sono persone eccezionali, e hanno colto la storia così bene che gli avvenimenti del videogioco fungono da canone per i libri. È davvero straordinario!
BE: Io vengo dalla zona settentrionale dello Stato di New York. C’è qualche posto particolare che hai scoperto in quell’area e ti ha ispirato la Fattoria presente in Fables? O la tua è solo una “zona settentrionale” creata apposta per i fumetti?
BW: È creata apposta per i fumetti in quanto il mio scopo non era fissare su carta un luogo preciso. Posso dire con certezza che Favolandia si trova nell’Upper West Side, perché ti intrufoli in un paio di isolati lì da qualche parte. Ma la Fattoria è talmente vasta da trovarsi in un punto imprecisato. Comunque, quando vivevo nel Vermont e mi recavo nello Stato di New York, c’erano alcune zone che superavo a nord di Albany, ma prima del Vermont, che mi hanno ispirato, ma non le ho mai fissate su carta perché sarebbe stato dire troppo. Tuttavia, in Lupi mannari americani abbiamo ambientato il racconto a Story City – che non voleva essere un esplicito riferimento all’omonima città dell’Iowa –, con la conseguenza, positiva o negativa, che in tanti si sono messi a dire che è il luogo in cui sono avvenute tutte quelle aggressioni di lupi mannari.
BE: Un’ultima domanda. Quanto di rende felice sapere che lo straordinario lavoro che hai svolto ha portato alla nascita di una convention interamente dedicata a Fables (Fabletown and Beyond tenutasi in Minnesota nel marzo 2013, N.d.T.)?
BW: È stata una bella sensazione e quell’esperienza mi ha insegnato molte cose. La FablesCon. mi è piaciuta molto. Si è trattato di una convention davvero piccola, ma prima della sua organizzazione non avevo idea di quanto lavoro richiedesse mettere in piedi un evento del genere. Ho imparato a non lamentarmi più dei piccoli imprevisti che si verificano durante le convention, perché anche se le cose adesso sembrano andare lisce, dietro le quinte ci sono crisi in corso e incendi in pieno spegnimento. Dietro a tutto ciò c’è tantissimo lavoro. Sono contento di averla fatta perché corrispondeva appieno alla mia idea di convention perfetta. Ma mi tolgo il cappello di fronte alle persone che gestiscono questi eventi anno dopo anno, è davvero una quantità di lavoro impressionante.